Pogacar in giallo insegue Vingegaard (in maglia a Pois) al Tour de France 2024 ©️Getty Images
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Monossido di Carbonio nel ciclismo: migliora davvero le prestazioni?

Scopriamo meglio il rebreathing, la pratica (lecita) usata da Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard per preparare il recente Tour de France .

06.08.2024 13:21

Ne hanno parlato media come FanPage, il Fatto Quotidiano o ancora il Corriere della Sera.

Alcuni trattando il soggetto sommariamente, altri con titoli altisonanti che suggeriscono l’apparizione di una nuova frontiera del doping, pochi in maniera approfondita. Di fronte all'interesse che si è generato negli ultimi giorni riguardo all'utilizzo del monossido di carbonio per migliorare le performance degli atleti del Tour de France, anche noi di Cicloweb ci sentiamo in dovere di trattare l'argomento.

Vediamo che cos'è il "rebreathing" (il nome della pratica medica che sfrutta il monossido di Carbonio, NDR), quali sono i suoi possibili vantaggi e quali sono i meccanismi biochimici alla base di essi.

Rebreathing: di cosa si tratta?

Il rebreathing è una tecnica che è applicata da diversi anni in campo medico. Il suo utilizzo principale è quello di misurare la massa totale di emoglobina di un individuo grazie all’utilizzo di una quantità nota di un gas che funge da tracciante: il monossido di carbonio (CO). 

Conoscendo la quantità di CO utilizzata, che è simile a quella aspirata fumando una comune sigaretta (Vingegaard dixit), si può risalire alla massa di emoglobina. 

L’obiettivo di questa metodologia negli sport di endurance è quello di valutare l’effetto dell’allenamento, non di contribuire ad un incremento prestativo dell’atleta.  performance. 

Per effettuare questo test, si usa un preciso protocollo, che prevede l’atleta disteso in posizione supina e sul quale vengono effettuati prelievi sanguigni regolari per una durata totale che va dai 2 ai 10 minuti.

Il protocollo è visibile su un video di uno dei fabbricanti di questo dispositivo e ve lo inseriamo di seguito per farvi vedere come funziona nella pratica il Rebreathing.

 

Su Cyclingweekly si può leggere come lo stesso dispositivo usato in questa pratica possa essere utilizzato anche per fare inalare agli atleti il monossido di carbonio a scopo prestativo.

Questo utilizzo è la conseguenza di alcuni recenti studi che hanno mostrato un miglioramento degli atleti in seguito all’inalazione di monossido. 

Da cosa dipende questo miglioramento? Vediamo come si comporta il monossido una volta entrato nella circolazione sanguigna.

Cos’è il monossido di carbonio e come funziona?

Il CO o monossido di Carbonio è una sostanza gassosa e inodore. Di solito questa sostanza è tristemente menzionata nei casi di cronaca vista la sua tossicità. 

Infatti a concentrazioni elevate, il CO provoca intossicazione e in molti casi anche la morte del soggetto. 

Ma da cosa dipende la sua tossicità?

Nell'organismo l'ossigeno (O2) che entra durante la respirazione viene trasportato ai muscoli grazie all'emoglobina, una proteina che si trova nei globuli rossi. Più alta è la quantità di emoglobina nel sangue e maggiore la quantità di ossigeno che raggiunge i muscoli. 

Ed è grazie alla capacità di stimolare un aumento dei globuli rossi contenenti emoglobina, che l’EPO (eritropoietina) è stata la sostanza dopante più in voga negli ‘90 / ‘00 (prima dell’introduzione nel 2014 del sistema ADAMS e del passaporto biologico). 

Anche il monossido di carbonio si lega all’emoglobina, ma lo fa in maniera 200 volte superiore rispetto all’ossigeno. 

Qui succede qualcosa di controintuitivo. In presenza di monossido di carbonio, l’ossigeno smette di raggiungere i muscoli e l’atleta sperimenta una condizione di ipossia, che è ovviamente l’opposto di ciò che si vuole ottenere per migliorare i tempi su una salita alpina. 

Legame fra Ossigeno ed emoglobina confrontato con quello con il monossido ©️ Samuele Lisi
Legame fra Ossigeno ed emoglobina confrontato con quello con il monossido ©️ Samuele Lisi

Infatti, in condizioni di ipossia sarebbe impossibile realizzare prestazioni come quelle viste al Plateau de Beille, dove i primi 4 tappa (nell’ordine Pogacar, Vingegaard, Evenepoel e Landa) hanno battuto o si sono avvicinati al record di scalata di Marco Pantani, che resisteva dal 1998.

Perché il monossido di carbonio potrebbe dare vantaggi?

Ma allora, se il CO è una sostanza tossica, il cui effetto è quello di limitare l’ossigeno nei muscoli degli atleti, come se ne spiegherebbe l’uso volto a migliorare le prestazioni sportive

Tra le pubblicazioni scientifiche trovate da una ricerca online, ne risaltano due. 

Nella prima, pubblicata nel 2019 su Frontiers in Physiology, i ricercatori hanno somministrato il monossido a 12 atleti, ottenendo un incremento dell’EPO (eritropoietina) circolante nelle 8 ore seguenti l’inalazione. 

Inoltre, ripetendo l’inalazione per 4 settimane consecutive, venivano osservati altri miglioramenti, tra cui un incremento del VO2max. 

Tutti questi elementi hanno sicuramente effetti benefici sulle prestazioni e sembrano quindi indicare un potenziale beneficio nella pratica del rebreathing. 

C’è però da sottolineare che lo studio, come anche sottolineato dagli stessi autori, presenta diversi limiti, tra cui un limitato numero di atleti, tutti con un livello di allenamento nettamente inferiori a quello di qualunque ciclista professionista e calciatori, sport che non prevede sforzi prolungati come quelli a cui è sottoposto il gruppo durante il Tour de France. 

Il secondo studio (del 2020, pubblicato su Medicine& Science in Sport& Exercise) riporta risultati simili e inoltre riporta maggiori dettagli riguardo alla modalità di somministrazione del monossido. Agli atleti, il CO veniva somministrato grazie a delle siringhe con una quantità nota della sostanza, dalle quali i partecipanti allo studio inalavano il gas. 

Questo secondo studio sembra più specifico in quanto le performance venivano testate su un cicloergometro, risultando quindi più trasferibili alle performance ottenute dai professionisti. 

Ad oggi gli effetti di questa pratica non sono quindi ancora del tutto noti ed è infatti di pochi giorni fa la notiza che l’MPCC (il movimento per un ciclismo credibile) non ha intenzione di vietare la pratica alle squadre aderenti all’organizzazione.

Probabilmente i prossimi mesi condurranno ad ulteriori studi e approfondimenti da parte dei ricercatori e delle autorità, e il tema continuerà a fare parte dell’attualità sportiva.

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