Vittoria in solitaria per Yannis Voisard nella quarta tappe del Tour de Hongrie 2023
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La Svizzera alla conquista del Tour de Hongrie - La tappa a Voisard, la generale (quasi) a Hirschi

Nel secondo e ultimo arrivo in salita della breve corsa a tappe magiara, lo svizzero della Tudor conquista la prima vittoria in carriera. Bernal ci prova, ma Hirschi è sempre più giallo. Settimo Fabbro, nono Piganzoli.

13.05.2023 19:15

Hirschi controlla e Voisard ne approfitta. Potremmo sintetizzare così la quarta tappa del Tour de Hongrie 2023, la seconda consecutiva con arrivo in salita, l’ultima prima della passarella finale – bagnata, secondo le previsioni – nella Budapest che festeggia i 150 anni dalla propria fondazione. Di cose interessanti e degne di essere raccontate, però, ne sono successe diverse, per quanto lo svolgimento della frazione odierna sia stata più lineare rispetto a quella di ieri.

La cronaca

Pronti via e in sei si sono lanciati all’attacco da lontano: Yves Lampaert, David Martin, Jasper De Buyst, Matyáš Kopecký, Dries De Bondt e Sebastian Schönberger. L’austriaco della Human Powered Health, a caccia di punti per aggiudicarsi la classifica dei gran premi della montagna (missione compiuta), era il meglio piazzato della fuga, ad appena 1’20” dalla maglia gialla di Hirschi; motivo per cui la UAE Emirates non lasciava spazio all’azione, perlomeno non abbastanza per offrire ai sei reali possibilità di vittoria. E così, a poco più di 50 km dal traguardo, quando ormai la maglia di miglior scalatore era ormai sulle spalle del buon Seb, De Bondt si è avvicinato al collega per invitarlo, più o meno gentilmente, a togliersi di torno. Non sappiamo cosa si siano detto di preciso i due, sta di fatto che, dopo qualche chiacchiera e una stretta di mano più o meno spontanea, Schönberger si è lasciato sfilare, per farsi risucchiare dal gruppo. Casa e famiglia al sicuro, maglia rossa conquistata e un nuovo amico in gruppo: poteva andare decisamente peggio. La mossa, tra l’altro, pagava presto i frutti sperati: la UAE mollava più che volentieri la presa, permettendo ai fuggitivi – che, nel frattempo, perdevano anche Martin – di portare il proprio vantaggio oltre i tre minuti.

Situazione sostanzialmente congelata questa fino agli ultimi 20 km di corsa, se non per l’addio ai sogni di gloria del giovane Kopecký, costretto ad arrendersi al ritmo dei tre fiamminghi rimasti in testa. In gruppo, il ritmo saliva bruscamente grazie al subentro dei DSM in testa, al servizio della coppia Poole-Onley. Al lavoro della formazione tedesca si aggiungeva quello delle altre squadre per posizionare al meglio i propri capitani: la salita conclusiva iniziava infatti, con la prima delle sue due parti (lo strappo di Pilisszántó, affrontato altre due volte in precedenza), a poco più di 10 km dall’arrivo. Sulle prime rampe De Bondt, forse esausto per l’estenuante trattativa condotta in precedenza, lasciava strada a Lampaert e a De Buyst, già nel mirino del gruppo dei favoriti.

Come ieri, la prima squadra ad attaccare è stata la Ineos Grenadiers. Non con Bernal, ma con l’altro sudamericano Narvaez. Una, due, tre accelerazioni scoccate dall’ecuadoregno, con Hirschi in prima persona prima e Fisher-Black poi a chiudere in tempi rapidi. Ogni allungo rintuzzato di Narvaez era seguito invariabilmente da un analogo allungo di Onley, altrettanto invariabilmente frustrato dall’ottimo lavoro del giovane neozelandese, molto brillante in questo periodo. Superato lo strappo di Pilisszántó e il breve trappo in discesa che lo seguiva, Lampaert e De Buyst conservavano ancora una trentina di secondi di vantaggio nei confronti di un ormai sparuto gruppo dei migliori. Migliori tra i quali era rimasto ben coperto Bernal, pronto a giocarsi le proprie carte nel secondo tratto, più lungo ma anche più semplice, dell’ascesa speciale.

Carte non fantastiche, a dire la verità, visto che Eganito non è mai riuscito a mettere seriamente in difficoltà Hirschi, molto brillante e solido al comando delle operazioni. Di attacchi ne sono arrivati diversi, ma la maglia gialla è riuscito a chiuderli praticamente tutti, dando il via libera solamente ai corridori che non lo intimorivano; o che non conosceva, come ha confessato nell’intervista post-gara: «Non è stato facile controllare la situazione, anche perché non conoscevo tutti i miei avversari: alcuni sono molto giovani, non ho mai corso con loro», ha spiegato lo svizzero, confessando di aver atteso, almeno un paio di volte, le indicazioni dell’ammiraglia. Ad approfittare della situazione è stato un altro elvetico, Yannis Voisard: il giovane scalatore della Tudor ha provato una prima volta, invano, poi una seconda, a -2 dal traguardo, quella buona; ha prima raggiunto l’indomita coppia allo scoperto da 200 km, poi l’ha staccata, per involarsi tutto solo verso la prima vittoria in carriera tra i professionisti. Una vittoria che, a meno di sorprese nell’ultima tappa, significa anche podio nella classifica generale, alle spalle di Hirschi e di Tulett, quarto e quinto e al traguardo nel gruppetto giunto a 10” dallo svizzero.

Secondo il campione del mondo under 23 del ciclocross Thibau Nys, a proprio agio sulle dolci pendenze della salita verso Dobogókő, terzo Sylvain Moniquet, mentre Bernal si è dovuto accontentare del dodicesimo posto di tappa e dell’ottavo in classifica generale. Davanti a lui Matteo Fabbro, abbonato al settimo posto in questo Tour de Hongrie; dietro Davide Piganzoli, nono anche sulla linea di arrivo e a un passo dalla prima top ten nella classifica di una corsa Pro Series. Manca l’ultimo sforzo, nella tappa conclusiva di Budapest. L’unica vera avversità potrebbe essere rappresentata dal meteo, ma in un circuito cittadino è un fattore che può creare più di un grattacapo.

Tour de Hongrie 2023, 4a tappa – Ordine di arrivo

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