
Le cadute? Una su tre è dovuta all'imprudenza dei corridori
Pubblicato il rapporto sugli incidenti in corsa
Le tragedie di André Drege e Muriel Furrer, il tremendo incidente al Giro dei Paesi Baschi che coinvolse Remco Evenepoel, Primoz Roglic e Jonas Vingegaard, ma anche le bruttissime cadute di Jakub Omrzel al Giro della Lunigiana e di Alice Toniolli in una gara giovanile in Veneto: il 2024 ha presentato un conto pesantissimo a tutto il mondo del ciclismo, chiamato ad affrontare seriamente la questione della sicurezza in corsa. L'ultimo rapporto dell'Unione ciclistica internazionale - realizzato in collaborazione con l'Università di Gand - ha ribadito una volta di più la gravità della situazione: quasi 500 incidenti in un anno. Tuttavia, i dati del 2024 dimostrano che gli stessi corridori sono i primi responsabili di cadute più o meno gravi.
Il 35% delle cadute è dovuto a comportamenti sbagliati dei corridori
L'indagine conferma che il 35% delle cadute è dovuto ad azioni sconsiderate degli atleti, incluse distrazioni e imprudenze di ogni genere. La tensione che caratterizza i momenti cruciali delle corse, come l'ingresso nei settori di pavé o la preparazione delle volate, ha provocato il 13% degli incidenti registrati nell'ultima stagione. L'asfalto umido o bagnato incide per l'11% sul bilancio finale, mentre il 9% degli episodi censiti nel 2024 è legato alla presenza di ostacoli sulle strade. Più ridotto, invece, il numero di cadute provocate dal dissesto del piano stradale (4%) e dalle manovre dei veicoli al seguito (1%). Tuttavia, l'UCI ha ammesso che la ricognizione degli incidenti è del tutto parziale, perché il rapporto non ha preso in esame gli episodi accaduti nelle gare minori.

31 cartellini gialli in 66 giorni di corsa
Il rapporto si è altresì soffermato sul sistema dei cartellini gialli, adottato in via sperimentale nel 2024. Le giurie hanno sanzionato 31 episodi in 66 giorni di corsa, mettendo nel mirino anzitutto gli atleti, che hanno accumulato il 52% delle ammonizioni. Gli uomini dello staff dei gruppi sportivi hanno accumulato all'incirca 1/3 delle sanzioni, mentre gli altri cartellini gialli (pari al 16% del totale) sono stati distribuiti ai motociclisti e agli operatori dell'informazione.
Al di là dei freddi numeri, però, sarà interessante capire se e come il mondo del ciclismo si impegnerà a svoltare dopo un anno a dir poco drammatico. Da questo punto di vista, la classe dirigente del pedale continua a lanciare segnali poco incoraggianti: davvero si pensa che la soluzione a tutti i problemi siano le multe ai corridori che esultano per lo sprint vincente dei loro capitani? Al tempo stesso, serve una presa di coscienza collettiva da parte degli stessi corridori, particolarmente solerti quando si tratta di pretendere la cancellazione di una tappa del Giro d'Italia per il maltempo, ma decisamente più blandi - per non dire silenti - di fronte a episodi infinitamente più gravi. La proposta avanzata da Wout van Aert per ridurre la velocità in gruppo è una piacevole eccezione che, tuttavia, somiglia tanto alla proverbiale goccia nel mare. Ad ogni modo, una cosa è certa: finché si continuerà a navigare a vista, rinviando continuamente il tempo delle decisioni su questioni più che mai stringenti (come l'uso delle radioline in corsa, la neutralizzazione degli ultimi chilometri in occasione delle volate di gruppo, l'allestimento di zone d'arrivo sicure), i corridori continueranno a volteggiare come gli acrobati che sfidano il vuoto sotto i loro piedi.