Gira una volta - Panicagliora
Collocata ad un'altitudine di 791 metri sul livello del mare, Panicagliora è una località toscana facente parte del comune di Marliana, in provincia di Pistoia. La sua particolare posizione fa si che sia posta in un crinale che funge da spartiacque tra i principali torrenti della zona, vale a dire il Nievole e il Pescia. Dalla sua altezza è possibile godere di splendidi panorami e compiere escursioni nei boschi circostanti. Abitato fin dai tempi antichi dalla popolazione dei Liguri, a cui deve anche l’origine del particolare toponimo, il territorio di Panicagliora e Marliana fu successivamente conquistato dai Romani (non a caso il toponimo Marliana sembrerebbe derivare da Marilius, probabilmente un soldato romano a cui venne concessa la proprietà del territorio) e poi dai Longobardi mentre in epoca Medievale fu coinvolto dalle vicende relative ai comuni e alle lotte tra guelfi e ghibellini. ' economia del territorio si è sempre basata principalmente su agricoltura e allevamento, con grande importanza rivestita dai castagni, sia nel dare i noti frutti che per la qualità della legna che consentiva di ricavarne del carbone.
A Panicagliora vivono oggi un centinaio di persone sulle poco più di tremila che popolano, sparse anche in altre frazioni, il territorio di Marliana, il cui borgo è collocato ben più in basso, ad un'altitudine di 469 metri sul livello del mare e ad una quindicina di chilometri da Pistoia. Nel visitare il borgo, va sicuramente segnalata la Pieve di San Niccolò, documentata già nel corso del XIV secolo e divenuta ufficialmente pieve nel 1593, al cui interno sono contenute alcune pregevoli statue di terracotta. Non restano invece molte tracce dell’antica rocca che dominava il paese, andata distrutta nel corso delle contese con Montecatini nel XII secolo. Ulteriori architetture religiose vi sono invece nelle altre frazioni: la Chiesa di San Donato a Momigno, la Chiesa di San Leonardo a Serra Pistoiese, la Chiesa di San Bartolomeo a Casore del Monte, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Campore e la Chiesa dei Santi Lucia e Giusto a Montagnana Pistoiese. A Casore del Monte è inoltre presente il museo della cultura contadina.
Una veduta di Marliana © Vivi Pistoia[/caption]
Il 21 maggio 1962 si disputò la Sestri Levante-Panicagliora di 225 chilometri, terza tappa del quarantacinquesimo Giro d'Italia. Una frazione lunga che dalla Liguria portò il plotone verso l’Appennino Tosco-Emiliano attraverso le ascese al Passo del Bracco (non valevole come GPM) e a Foce Carpinelli, prima della salita finale verso Panicagliora lunga poco più di dieci chilometri, dei quali gli ultimi cinque più impegnativi, con pendenze costantemente oltre il 6% e massime attorno al 10%. La corsa rosa si aprì con la Milano-Tabiano Terme, conquistata allo sprint dallo sfortunato Dino Liviero (che perderà la vita in un incidente stradale nel 1970), seguita poi dal bell'assolo di Graziano Battistini a Sestri Levante.
La prima parte della terza frazione fu animata dalla lunga fuga dello spagnolo José Pérez Francés, scattato sull'ascesa del Bracco e capace di guadagnare fino a 6'45" sul gruppo, transitando per primo anche sul Gran Premio della Montagna di Foce Carpinelli. Successivamente fu la volta del belga Joseph Hoevenars, andato in avanscoperta dapprima in compagnia di Olimpio Paolinelli e di Germano Barale e poi anche del francese Gilbert Salvador e Tiziano Galvanin, con cui riuscì a guadagnare oltre 3 minuti di vantaggio sul gruppo, costretto alla reazione. A rompere gli indugi, ad una ventina di chilometri dal traguardo, fu il sempre battagliero Vito Taccone, scattato poco dopo Pistoia in compagnia dell’olandese Huub Zilverberg e di Giorgio Zancanaro, con cui riuscì a riprendere Hoevenaers e quel che rimaneva degli altri battistrada, sempre più sfilacciati.
Nel corso della salita finale però emerse pian piano lo spagnolo Angelino Soler, nonostante una caduta provocatagli da uno spettatore, che in compagnia del belga Armand Desmet e di Vincenzo Meco riuscì a riportarsi sui primi. Giunti ai tre chilometri dalla conclusione però lo spagnolo operò lo scatto decisivo, guadagnando un buon margine che gli permise di giungere sul traguardo con un vantaggio di 18" su Zilverberg, Taccone, Meco e Desmet mentre a 33" giunsero Carlesi, Favero, Baldini, Gaul e Defilippis, oltre allo spagnolo Suárez e a Balmamion.
Proprio nelle battute finali una motocicletta della Rai finì a terra, provocando la caduta di Carlesi, Baldini e Gaul ma fortunatamente non ci furono conseguenze per i tre mentre la maglia rosa passò dalle spalle di Battistini (giunto staccato di 1'15") a quelle dello spagnolo Antonio Suárez, che già aveva vestito per un giorno il simbolo del primato l’anno precedente, quando si aggiudicò la tappa di Cosenza.
Il corridore iberico conservò la rosa per altri tre giorni, quando fu momentaneamente detronizzato da Vincenzo Meco a Fiuggi, prima che il belga Armand Desmet s’impossessasse del primato vincendo il nuovo arrivo in salita a Montevergine. La corsa subì poi una rivoluzione nella Belluno-Moena, interrotta al Passo Rolle a causa di una fitta nevicata, che vide il successo dell’abruzzese Meco e Graziano Battistini nuovamente in maglia rosa. Dopo un’altra vittoria di Soler a Pian dei Resinelli (lo spagnolo trionfò poi anche a Frabosa Soprana), ad assestare il colpo decisivo alla corsa fu la Lecco-Casale Monferrato vinta da Armando Pellegrini: grazie agli oltre 6 minuti guadagnati nella fuga di giornata, Franco Balmamion si ritrovò in maglia rosa a quattro tappe dalla conclusione, riuscendo a resistere agli assalti degli altri concorrenti. Il corridore torinese si aggiudicò così per la prima volta il Giro d’Italia (ripetendosi poi l’anno seguente con il curioso record di esserci riuscito in entrambi i casi senza successi di tappa parziali), precedendo i ben più quotati Imerio Massignan (giunto a 3'57"), il proprio capitano Nino Defilippis (terzo a 5'02"), Vito Taccone (quarto a 5'21") e un giovane Vittorio Adorni di 7'11".