"Il caso Pantani" diventa un film che spera di far luce sugli ultimi anni del Pirata
Sarà uno degli eventi cinematografici italiani del 2019, con tanto di tangibili possibilità di sbarcare anche alla Mostra del Cinema di Venezia a fine estate. Ma il film uscirà già in primavera, le riprese sono state ultimate da tempo e al momento l'opera è in fase di post-produzione in attesa dell'imminente lancio.
Di quale film parliamo? De "Il caso Pantani", o "The Pantani affair", stando al titolo internazionale già fissato in vista di un probabile lancio quantomeno sui canali europei, per un'opera che ambisce al non facile obiettivo di riaprire la vicenda anche dal punto di vista giudiziario: così succede a volte, quando un'opera artistica (ri)accende i riflettori su casi che hanno lasciato parecchi dubbi nella loro soluzione ufficiale.
E il caso Pantani di dubbi ne ha lasciati eccome: il regista Domenico Ciolfi, alla prima regia cinematografica, afferma che "leggendo gli atti ci sono quesiti importanti rimasti inevasi e soprattutto considero davvero inspiegabile il fatto che la polizia a Rimini non abbia preso le impronte dopo aver trovato una stanza devastata, un cadavere pieno di ferite e con una pozza di sangue intorno". Il regista milanese (di origini molisane) arriva a suggerire che - esattamente come avvenuto per il caso Stefano Cucchi - dovrebbero essere diffuse le foto scattate al cadavere di Marco Pantani, foto che - a dire di Ciolfi - farebbero capire a tanti che di suicidio non si può proprio parlare per la vicenda in questione. Importantissimo sarebbe inoltre capire il perché di indagini tanto raffazzonate da parte degli inquirenti all'epoca, per una storia che forse sarebbe andata a interessare anche il mondo della malavita organizzata e delle scommesse clandestine, come scritto su questa pagina di sitiscommesse.com.
Il Pirata, il ciclista più rappresentativo della fine del secolo scorso, l'ultimo capace di vincere nello stesso anno (il magico 1998) il Giro d'Italia e il Tour de France, cadde in una spirale depressiva e autodistruttiva dopo essere stato espulso dal Giro 1999, in quanto trovato con valori di ematocrito fuori norma in un test effettuato a Madonna di Campiglio alla vigilia della fine della corsa rosa. Un test che il romagnolo contestò sin dal primo momento, e che fu confutato da altri esami fatti privatamente lo stesso giorno da Pantani. Ma come si sa, le cose presero un loro corso dannato, e per l'amatissimo scalatore di Cesenatico il ciclismo finì per essere un paese straniero, dopo che per un lustro lui ne era stato l'indiscusso re.
A impersonare il Pirata, in un percorso narrativo che ne copre gli ultimi cinque anni di vita (Pantani morì il 14 febbraio del 2004), saranno ben tre attori: Marco Palvetti, al primo ruolo importante per il cinema (ma ha recitato in Gomorra - La Serie), l'italo-belga Fabrizio Rongione e un terzo interprete di cui non è ancora nota l'identità. Ma nel cast non mancano altri nomi di spicco, a partire da Libero De Rienzo (uno degli attori migliori della sua generazione), proseguendo con Gianfelice Imparato (nel ruolo di Candido Cannavò, all'epoca direttore della Gazzetta dello Sport), con il popolare Francesco Pannofino (principalmente doppiatore - è la voce italiana di George Clooney tra gli altri - e poi impostosi nel ruolo di René Ferretti nell'esilarante serie tv Boris) e con Brenno Placido, figlio di Michele. In un ruolo minore vedremo anche Giobbe Covatta.
Domenico Ciolfi, che ha anche sceneggiato il film oltre a dirigerlo, ha voluto dare alla sua opera un'impronta fortemente realistica, tanto da sconfinare quasi col documentario: le location sono tutte state scelte accuratamente, si è girato anche a Cesenatico oltre che nei luoghi cari al Pirata, ed è da sottolineare il fatto che la stanza del residence Le Rose di Rimini nella quale Pantani trovò la morte sia stata fedelmente riprodotta. L'edificio è stato infatti abbattuto negli anni scorsi, ma Ciolfi ha voluto che venisse ricreata in scenografia l'ambientazione, con una perfetta riproduzione della scena del crimine.
Oltre a ciò, il regista si è avvalso, in fase di scrittura, del supporto di molte persone che avevano conosciuto bene il corridore, a partire dai familiari, proseguendo con colleghi e giornalisti (principalmente quelli che seguirono il dipanarsi della vicenda giudiziaria intorno al Pirata): un lavoro di ricerca lunghissimo, durato quasi tre anni, che ha preso le mosse dal libro di Philippe Brunel "Gli ultimi giorni di Pantani" e che poi è stato innervato in maniera fondamentale dalle testimonianze di Federico Ceniti e Davide De Zan, giornalisti rispettivamente della Gazzetta e di Mediaset, e dell'avvocato Antonio De Rensis, che in questi ultimi anni ha tirato le file dell'intera vicenda, su incarico della famiglia di Marco.
Il film non riporterà in vita il Pirata, ma a 20 anni esatti dai fatti di Madonna di Campiglio (vero spartiacque nell'esistenza di Pantani) sarà un'importantissima testimonianza che forse (si spera) potrà davvero riaccendere una fiammella di speranza in chi ancora non si rassegna a una fine così ingiusta, nel senso letterale di "giustizia negata" (con tanto di archiviazione) per un uomo che ha pagato un prezzo altissimo per colpe non sue.